LA BIOMECCANICA DELLE LESIONI TRAUMATICHE AI RENI
I reni sono organi situati nella regione posteriore dell’addome, a lato della colonna vertebrale, all'altezza delle ultime vertebre toraciche. Essi hanno la forma “a fagiolo appiattito”, sono lunghi circa 12 cm, larghi 6 cm, spessi 3 cm, pesano un centinaio di grammi (circa 150 g nell’uomo), sono composti da circa 30 diversi tipi cellulari che vanno a formare una moltitudine di capillari di filtrazione e di tubuli che regolano una gran varietà di processi fisiologici. I reni sono circondati da una massa di tessuto adiposo (capsula adiposa) che li sostiene e protegge, senza tuttavia ancorarli in una specifica sede anatomica (Fig. 1). Il filtraggio del sangue, i prodotti di scarto del metabolismo con l’espulsione tramite l'urina, la regolazione della pressione sanguigna, il trasporto di acqua e sostanze in essa disciolte, l’equilibrio acido-base, l’eliminazione dei metaboliti dei farmaci, sono alcuni esempi del complesso meccanismo funzionale dei reni.
Questi organi presentano una ricca vascolarizzazione: i principali vasi sono due arterie di grosso calibro, una a sinistra ed una a destra, che si distaccano ad angolo retto dall'aorta addominale, ed una vena (Fig. 2).
La classificazione anatomo-radiologica dei traumi renali unanimemente accettata è quella della American Association for the Surgery of Trauma (AAST Renal Injury Scale), che distingue 5 gradi di trauma. I traumi più severi (grado IV, V) possono comportare la perdita totale o parziale del rene, mentre quelli di grado inferiore raramente producono danni clinicamente significativi (Fig. 3).
Generalmente si possono individuare due tipologie di traumi ai reni:
- aperti (o penetranti): derivanti da lame o proiettili;
- chiusi: derivanti da compressione contro la colonna vertebrale o brusca decelerazione con spostamento del rene, lacerazione dell’arteria e/o della giunzione uretero-pelvica.
Quando una forza è applicata in modo improvviso, il rene viene sottoposto a dei movimenti che possono causare lacerazioni al peduncolo [1] o la separazione dell’organo dai suoi attacchi vascolari. L’entità delle lesioni renali è molto variabile: in caso di lieve trauma può presentarsi un’ecchimosi o ematoma; se la lesione è più grave l’organo può essere tagliato o lacerato con diffusione di urina e di sangue nel tessuto circostante. Se il rene viene staccato dall’inserzione vascolare, l’emorragia può essere grave e provocare il collasso o la morte (Fig. 4).
La seguente immagine mostra alcune tipiche lesioni renali che riguardano la rottura della membrana esterna e del parenchima [2] (Figg. 5, 6)
La seguente immagine mostra alcune tipiche lesioni renali che riguardano la rottura della membrana esterna e del parenchima [2] (Figg. 5, 6)
Il meccanismo traumatico del rene in ambito sportivo è, in genere, quello del colpo diretto alla schiena o al fianco che causa lesioni da decelerazione rapida: poiché il rene è relativamente mobile può scontrarsi contro le coste o la colonna vertebrale con conseguente contusione, lacerazione parenchimale o della via escretrice fino all’avulsione del peduncolo vascolare.
Nell’articolo “Sport e traumi genitourinari” si è precisato che i traumi renali sono tra le più comuni lesioni sostenute durante le attività sportive. Nel dettaglio, di 136 traumi addominali sport-correlati, quello renale di qualunque gravità è avvenuto in circa il 50% dei pazienti, di cui solo 5 (ossia 7%) son stati trattati con un intervento chirurgico. La fascia di età prevalente era tra i 10 e 20 anni e solo pochi pazienti superavano i 35 anni: da questa casistica si può dedurre che i traumi renali da sport raramente sono così gravi da richiedere il ricorso all’asportazione chirurgica del rene (nefrectomia).
REVISIONE DELLA LETTERATURA SUI TRAUMI RENALI
Negli ultimi decenni diversi studiosi hanno approfondito il comportamento biomeccanico del rene effettuando simulazioni sperimentali in vivo (test con pendolo su reni porcini) e numeriche che hanno permesso di quantificare la soglia energetica necessaria a produrre lesioni su questo organo. In Fig. 7 sono mostrate le curve forza-deformazione derivanti dalle prove con pendolo su reni porcini: si rileva un comportamento viscoelastico dei tessuti renali, con un’iniziale resistenza alla deformazione e un successivo incremento della forza fino al punto di rottura (valore massimo). Durante la fase di scarico, il tessuto recupera elasticamente la propria forma conservando una deformazione residua dipendente dal rapporto tra fibre sane e lesionate.
La seguente immagine chiarisce la dipendenza lineare tra l’energia posseduta dal pendolo urtante e la massima forza che viene applicata sul rene (Fig. 8).
Nella seguente immagine (Fig. 9) è mostrata la relazione tra la scala di lesività renale (AAST Renal Injury Scale) e l’energia di impatto. Come previsto, quest’ultimo parametro è direttamente connesso alla severità lesiva: ad esempio per un’energia di impatto di 4 J [3] si ottiene un AAST di III grado, che corrisponde a lacerazioni maggiori di 1 cm della corteccia renale (strato più esterno).
Gli studiosi hanno stabilito che il meccanismo lesivo per traumi renali di tipo chiuso è strettamente dipendente dall’energia di impatto e che quest’ultimo parametro può quindi essere utilizzato per quantificare la soglia di lesività.
Bschleipfer et al. (2002), Santucci et al. (2001) e Schmidt et al. (2005, 2006) hanno concordato nell’assumere il valore energetico di 4 J come soglia di lesione renale (RIT Renal injury threshold), corrispondente ad una densità di energia pari a 25 kJ/m3 e ad una severità lesiva del III grado della scala AAST. In particolare, è stato rilevato che per livelli di energia superiore ai 4 J, le lesioni si estendono per più del 60% dell’intero organo.
È necessario precisare che le predette sperimentazioni sono state effettuate su reni animali e che rimane comunque difficile predire come l’energia sviluppata durante un impatto possa essere assorbita e dissipata dalle strutture corporee umane prima di essere trasferita sui reni.
[1] Il peduncolo renale è costituito dal complesso delle formazioni vascolari che entrano o escono dal rene in corrispondenza del suo ilo.
[2] Il parenchima è composto da un insieme di unità elementari, i nefroni, ai quali è legata la funzione uropoietica, e da un sistema di dotti escretori.
[3] Eimpatto=1/2mv2 dove m è la massa del pendolo urtante (P1: 4.7 kg, P2: 2.2 kg) e v è la velocità del pendolo al momento dell’urto (1.3 m/s).
BIBLIOGRAFIA
“Sport e traumi genitourinari”, E. Sacco, F. Marangi, F. Pinto, A. D’Addessi, M. Racioppi, G. Gulino, A. Volpe, M. Gardi, P.F. Bassi, Urologia, Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Bschleipfer et al. “Blunt renal trauma: biomechanics and origination of renal lesions” 2002 European Urology 42 614-621.
Schmitt et al. “Analysis of the biomechanical response of kidneys under blunt impact” 2005 Ircobi Conference.
Schmitt et al. “Kidney injury: an experimental investigation of blunt renal trauma” 2006 the Journal of Trauma Vol. 10 N. 6.