I SISTEMI DI RITENUTA DEGLI OCCUPANTI: PRINCIPI E FUNZIONAMENTO
Gli urti frontali sono eventi estremamente pericolosi e rappresentano il 50-55 % dei sinistri (veicolo contro veicolo o veicolo contro ostacolo fisso) in cui si verificano lesioni gravi o mortali. L’impatto contro barriera rigida perpendicolare (pieno o con off-set) è in assoluto la configurazione più impegnativa per i sistemi di ritenuta (cinture di sicurezza ed airbag) in quanto producono sul veicolo il massimo livello di decelerazione possibile relativamente alla variazione di velocità considerata.
Nei crash test Euroncap ad esempio, l’autovettura viene lanciata alla velocità standard di 64 km/h contro una parete composta da una barriera d'alluminio deformabile che simula la deformazione del frontale di un'altra auto. A bordo sono presenti due manichini Hybrid III 50percentile che rappresentano un adulto di taglia media, uno al volante e l'altro al suo fianco. Le rilevazioni su testa, collo, torace, femori, ginocchia e caviglie andranno a definire il livello di sicurezza del veicolo in esame e, di conseguenza, la valutazione complessiva (da 0 a 5 stelle)
In caso di incidente, gli occupanti possono essere sottoposti ad elevate sollecitazioni (accelerazioni negative o decelerazioni) durante il loro movimento inerziale ed i conseguenti impatti contro le strutture interne dell’abitacolo. Gli elementi di sicurezza passiva, quali le cinture di sicurezza, i pretensionatori, i limitatori di carico, gli airbag, svolgono un ruolo protettivo fondamentale poiché distribuiscono la sollecitazione in un lasso temporale più ampio, facendo diminuire i picchi di accelerazione dei singoli segmenti corporei interessati. Nel corso degli ultimi decenni sono stati introdotti numerosi indici, sia di tipo qualitativo che quantitativo, per la valutazione del rischio lesivo di un determinato segmento corporeo e per l’attribuzione di un valore di soglia da non oltrepassare per la salvaguardia della vita umana.
L’obiettivo di questo articolo è fornire una panoramica di alcuni dei principi fondamentali che governano il movimento dei corpi nello spazio, ovvero le tre leggi del moto di Newton ed il principio di conservazione dell’energia; spiegare l’applicazione di queste leggi alla dinamica dei mezzi di trasporto; chiarire le caratteristiche ed il funzionamento della cintura di sicurezza; definire il movimento degli occupanti di veicoli coinvolti in incidenti stradali.
1. I PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA DINAMICA DEI CORPI
La prima legge di Newton stabilisce qualcosa di fondamentale, ma non sempre scontato, ovvero che un corpo permane nel suo stato di quiete, o di moto rettilineo uniforme, a meno che non intervenga una forza esterna a modificare la sua condizione. La seconda legge di Newton stabilisce che l'accelerazione (a) di un corpo è direttamente proporzionale e nella stessa direzione della forza agente su di esso (F), mentre è inversamente proporzionale alla sua massa (m).
In altri termini, tale legge definisce che se una forza è applicata ad un corpo per un certo periodo di tempo (dt), lo stesso sperimenterà una variazione di velocità (dv) pari a:
Il terzo principio della dinamica stabilisce che ad ogni forza applicata corrisponde una reazione (forza) uguale e contraria. Per sviluppare ulteriormente i principi che governano il movimento dei corpi è necessario introdurre due nuove definizioni: il lavoro indica l'energia trasferita sul corpo per mezzo di una forza che produce uno spostamento (dr) e l’energia è la capacità di un corpo di compiere lavoro. Di conseguenza, il lavoro complessivo esercitato su un corpo (L) è pari alla variazione della sua energia (KE) ed è definito dalla segue formula:
Il terzo principio della dinamica stabilisce che ad ogni forza applicata corrisponde una reazione (forza) uguale e contraria. Per sviluppare ulteriormente i principi che governano il movimento dei corpi è necessario introdurre due nuove definizioni: il lavoro indica l'energia trasferita sul corpo per mezzo di una forza che produce uno spostamento (dr) e l’energia è la capacità di un corpo di compiere lavoro. Di conseguenza, il lavoro complessivo esercitato su un corpo (L) è pari alla variazione della sua energia (KE) ed è definito dalla segue formula:
L’energia assorbita dal corpo (energia cinetica) è associata al suo movimento ed è direttamente proporzionale alla massa ed al quadrato della sua velocità:
Il concetto conclusivo, che riunisce tutte le predette leggi, è il principio di conservazione dell’energia secondo il quale, in un sistema isolato, la quantità totale di energia non varia nel tempo, sebbene possa essere trasformata e convertita in altre forme.
2. APPLICAZIONE DELLE LEGGI AL MOVIMENTO DEI VEICOLI
L’applicazione della prima legge di Newton ai mezzi di trasporto comporta che qualsiasi veicolo deve essere azionato da forze, sia per acquisire una determinata velocità sia per fermarsi una volta giunto a destinazione.
La seconda legge di Newton precisa invece che la velocità acquisita dal veicolo, positiva o negativa che sia, è proporzionale al prodotto della forza applicata e della durata della sua applicazione, ed inversamente proporzionale alla massa del sistema. Questi ragionamenti valgono tanto per il veicolo quanto per i loro occupanti a dimostrazione del fatto secondo cui determinate condizioni potrebbero diventare pericolose per l’incolumità fisica degli stessi.
In sintesi, se per qualche ragione il tempo disponibile per realizzare una particolare variazione della velocità sia stato fisicamente limitato ad una durata molto breve, la seconda legge di Newton richiederebbe una forza molto grande per realizzare tale variazione (a parità di altre condizioni).
Fino a questo punto della trattazione si è assunto che i corpi (occupanti o veicoli) sotto l’influenza di una determinata forza rimangano comunque indeformabili. In realtà, la loro capacità di deformarsi non invalida le leggi ed i concetti precedentemente presentati, ma introduce una nuova variante al concetto di energia.
Il seguente esempio (Fig. 2) mostra due differenti situazioni e consente di spiegare al meglio l’effetto della deformazione nella cinematica dei corpi.
Due auto identiche, ciascuna con velocità iniziale di 30 mph (48 km/h) e che possiedono quindi la stessa energia cinetica, si fermano attraverso due differenti processi. Il conducente del primo veicolo applica una forza frenante, che si genera mediante l’attrito pneumatico/strada e che riduce la propria velocità fino a zero in un determinato intervallo temporale. Durante lo spazio percorso dal veicolo in frenata, la forza produce un lavoro negativo che riduce l’energia cinetica (la velocità) del veicolo fino al suo arresto.
Il secondo veicolo entra in collisione con una barriera rigida ed indeformabile, perdendo rapidamente tutta la sua velocità e quindi tutta la sua energia cinetica.
In entrambi i casi il prodotto della forza per il tempo di applicazione sarà identico (F·dT = costante), così come richiesto dalla seconda legge di Newton, ma con importanti differenze:
- l'automobile che aziona l’impianto frenante subisce una piccola forza per un tempo più lungo mentre l'auto che si arresta sulla barriera subisce una grande forza per un periodo più breve;
- il punto di applicazione della forza frenante trasla sul suolo insieme alle ruote ed esegue un lavoro che elimina gradualmente l'energia cinetica dalla vettura. La forza sulla barriera che arresta la seconda vettura non si muove significativamente e pertanto non trasferisce energia “lontano” dall'auto.
Dato che l'energia totale a disposizione dell’auto per arrestare la propria marcia deve essere sempre conservata, se non viene dissipata attraverso l’azione frenante, viene trasformata in altre forme di energia e rimane all'interno del corpo sotto forma di danni, traducendosi in energia di deformazione.
Processi similari si verificano anche sugli occupanti (Fig. 3). Nel dettaglio, l'occupante dell'auto che effettua una frenata sarà sottoposto ad una serie di piccole forze che agiscono sul suo corpo, come la forza di attrito del sedile, la forza della punta del piede e la forza delle mani sul volante, che lo rallentano in contemporanea al veicolo e che dissipano gradualmente l’energia posseduta dallo stesso.
Nel caso dell’autovettura che impatta frontalmente contro una barriera, il trasportato non cinturato continua a muoversi in avanti alla medesima velocità che possedeva il mezzo al momento dell’urto, collidendo contro le superfici interne dell’abitacolo. Dato che queste superfici sono caratterizzate da una rigidezza variabile, le forze che queste strutture applicano sull'occupante per azzerare in brevissimo tempo la sua velocità sono molto elevate. L’energia cinetica posseduta dall'occupante ed annullata in un brevissimo istante di tempo viene quindi trasformata in altre forme provocando di fatto ferite, lesioni, traumi, ecc..
Il diagramma accelerazione-tempo in Fig. 4 definisce che l’accelerazione è direttamente connessa alla pendenza della curva, che lo spostamento del veicolo sul terreno è rappresentato dall'area sottesa dalla velocità e quello dell’occupante rispetto al veicolo corrisponde alla piccola area compresa tra le due curve.
La velocità iniziale dell’auto è pari 30 mph (48 km/h) e l’azione frenante viene applicata all’istante iniziale t=0. La forza frenante pari a 4.9 m/sec2 (0.5 g) consente l’arresto dell’auto dopo 2.73 secondi, in uno spazio di 18.2 metri (area tratteggiata in Fig. 2).
Se le varie forze che agiscono sull'occupante tramite il sedile, la cintura di sicurezza, l’abitacolo ecc. venissero applicate in modo istantaneo, lo stesso ridurrebbe la propria velocità nella stessa maniera del veicolo. Tuttavia, se venissero applicate con una traslazione temporale di 0.01 secondi, lo spazio percorso sarebbe di 18.33 metri rispetto ai 18.2 metri. La forza traslata di 0.01 secondi ha quindi prodotto uno spostamento dell’occupante all'interno dell’abitacolo, rispetto al terreno, di 0.13 metri in più rispetto a quello del veicolo. Tale spostamento aggiuntivo è rappresentato proprio dall'area compresa tra il grafico della sua velocità e quella del veicolo. In formule:
In Fig. 5 è invece rappresentato il diagramma velocità/tempo di un veicolo che urta contro una barriera e del suo occupante non cinturato. In questo caso supponiamo che la deformazione del frontale del veicolo che urta contro la barriera indeformabile sia di 0.6 metri. Tale distanza coincide con lo spazio percorso dall’auto durante l’arresto ed è rappresentata dall’area tratteggiata e sottesa la curva.
Se l’occupante è privo del sistema di ritenuta non gli verrà applicata alcuna forza frenante e proseguirà in avanti alla medesima velocità che il veicolo possedeva al momento dell’urto (30 mph = 48 km/h, in ottemperanza alla prima legge di Newton) fino all’impatto contro le sue strutture interne (airbag, volante, cruscotto, montante, parabrezza, ecc.).
Ipotizziamo che il cruscotto si trovi ad una distanza di 0.6 metri dall’occupante: quest’ultimo arriverà al contatto contro tale accessorio solo al termine della deformazione dell’auto percorrendo di fatto 1.20 metri (0.6 m + 0.6 m), sempre rispetto ad un sistema di riferimento solidale con il terreno. In aggiunta, se nell’urto i segmenti corporei dell’occupante si deformano di 0.065 m, quest’ultimo arresterà il suo movimento dopo ulteriori 0.01 secondi, subendo una decelerazione complessiva di ben 135 g.
In formule:
L’uso della cintura di sicurezza modifica radicalmente, per il meglio, la sorte degli occupanti.
Anche in questo caso il veicolo diminuisce istantaneamente la velocità nell’impatto contro la barriera mentre quella posseduta dall’occupante, rispetto al terreno, rimane costante fino a che su di esso non agisce una forza. La cintura di sicurezza inizia a trasmettere la forza di compressione sull’occupante pochi millisecondi dopo l’impatto (i pretensionatori riducono questo tempo) e ad applicarla fino al suo arresto.
La Fig. 6 mostra la curva di velocità/tempo per il medesimo veicolo contro barriera ma, in questo caso, con l’occupante cinturato. Se si assume che la cintura non possa applicare alcuna forza fino a che il corpo trasla in avanti di circa 0.15 metri, sul grafico si osserva che l’occupante continua a possedere una velocità iniziale di 30 mph (48 km/h) per circa 0.045 secondi.
Lo stiramento della cintura aggiunto alla deformazione dei tessuti corporei fanno muovere l’occupante in avanti di un ulteriore spazio (0.15 m) fino al suo arresto, che per ipotesi si assume che avvenga proprio in contemporanea dell’autoveicolo, ovvero dopo altri 0.045 secondi. In questa circostanza, la decelerazione complessiva sull’occupante risulta pari a 30 g, ovvero circa 1/5 di quella senza cintura (135 g).
Lo spazio complessivamente percorso dall'occupante, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con il terreno, risulta quindi 0.9 metri ed è costituito da 0.60 metri di deformazione del veicolo e da 0.30 metri di movimento relativo all'interno dell’auto.
Nell'esempio precedente, la cintura di sicurezza aveva un certo ritardo di intervento, che consentiva al trasportato di muoversi liberamente per 0.30 m all'interno dell'abitacolo. Se supponiamo di fare intervenire immediatamente l'effetto contenitivo della cintura, attraverso l’azionamento del pretensionatore, la situazione cambia sensibilmente in termini di decelerazioni. I pretensionatori rilevano l’impatto attraverso appositi sensori, accorciano gli attacchi e tirano a sé alcuni centimetri di cintura. In questo modo, il movimento in avanti per inerzia dell’occupante è limitato a pochissimi centimetri. Nel dettaglio, l’immediato contenimento da parte della cintura consente di applicare sull’occupante la stessa decelerazione subita dall’autoveicolo e, specie se accoppiata con l'airbag, questa soluzione consente di rimanere in una “fascia” di lesioni che potrebbero garantire la sopravvivenza per determinate velocità di impatto.
Per riassumere, il principale obiettivo dei sistemi di ritenuta è quello di azzerare l'energia cinetica in modo progressivo e tollerabile, impedendo all’occupante di entrare in contatto con le strutture più rigide dell’abitacolo. È proprio la deformazione del veicolo che realizza un primo, fondamentale assorbimento dell'energia cinetica, al quale fa seguito l'azione dei pretensionatori, della cintura e degli attacchi deformabili, dell’airbag. Senza questo complesso gioco di elementi - frutto di continue ricerche e sperimentazioni – si producono inevitabilmente gravi lesioni sugli occupanti, anche per velocità di impatto moderate.
I concetti discussi in precedenza possono essere combinati con i principi dell’anatomia umana e della biomeccanica delle lesioni al fine di progettare sistemi di ritenuta sempre più sicuri ed ottimizzare le loro prestazioni. Di seguito alcune delle regole da seguire (“le massime”):
- aumentare il tempo di applicazione delle forze di ritenuta al fine di minimizzare la loro intensità e le conseguenze lesive che derivano dalla loro applicazione;
- distribuire le forze di ritenuta su un’area più grande possibile al fine di minimizzare le concentrazioni che potrebbero causare gravi conseguenze lesive/traumatiche;
- distribuire la forza di impatto sulle parti più rigide del corpo ovvero sulle strutture ossee di femore, bacino, torace, spalla. Queste strutture sono in grado di sostenere e dissipare grandi carichi con minime possibilità di lesione, senza sollecitare i tessuti molli sottostanti.
3. BIBLIOGRAFIA
- Nahum A., Melvin J., “Accidental Injury: biomechanics and prevention”, 2nd ed. 2002 Springer
- Yoganandan Y., Nahum A., Melvin J., “Accidental Injury: biomechanics and prevention”, 3rd ed. 2015 Springer
- Schmitt K., Niederer P., Cronin D., Muser M., Walz F., “Trauma Biomechanics, an introduction to injury biomechanics”, 4th ed. 2014 Springer
- Nordhoff L., “Motor vehicle collision injuries: biomechanics, diagnosis and management”, 2nd ed. 1996 Jones & Bartlett Learning